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"Quando il viandante canta nell'oscurità, rinnega la propria apprensione,

ma non per questo vede più chiaro"

(S. Freud)

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  • Fabio Livio Galimberti

Un padre lascivo

Aggiornamento: 13 dic 2020



Se a leggere il titolo avete pensato a un uomo che esprime con i figli “un’intemperante sensualità” (Treccani), siete fuori strada. Non è un genitore che fa il porco con la progenie. “Lascivo” oggi viene spesso usato nel senso di “permissivo”, “indulgente”, “non normativo” e viene accompagnato da quel gesto delle mani in avanti che indica lo scorrere, il lasciar correre. Forse è proprio il verbo “lasciare” a facilitare questa confusione di lascivia e lassismo.

Il termine “lascivo”, poveretto come tanti altri, è andato incontro a uno slittamento semantico, come si dice. Cioè a furia di usarlo a sproposito sta ampliando il suo significato originario. L’evoluzione delle lingue comprende anche questo fenomeno, niente scandali. Ma nei momenti di transizione, quando un significato non si è ancora consolidato può provocare qualche imbarazzo cognitivo e in certi contesti anche qualche conseguenza in più, come è normale quando si tratta di sessualità.

Un termine che invece è relativamente innocuo sul piano delle conseguenze è “reticente”, che ormai nell’uso comune equivale a “restio”, forse per la sua assonanza con “resistente”.

O magari “renitente”, chissà. Fatto sta che un padre reticente, che sia restio o che sia incline a tacere, crea meno problemi di quelli che può creare sentir parlare di un padre lascivo.

Come me ne ha creati quando lavoravo come consulente in un servizio sociale. Potete capire bene come, dovendo scrivere una relazione per il Tribunale, abbia dovuto chiedere qualche precisazione in più all’educatore che mi parlava di questo genitore lascivo con i figli. Non potevo lasciar correre, non potevo certo essere lascivo.

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