In seduta capita che un paziente arrivi a minimizzare il proprio disagio dicendo che lui sta lì a lamentarsi, ma che lo sa, c’è gente che sta peggio, gente che ha subito dei veri traumi, che ha dei problemi seri, mica come lui, che in fondo ha avuto una buona famiglia, ha un lavoro, un partner che gli vuole bene e che fa una terapia quando altri ne avrebbero molto più bisogno di lui. Fa niente che non riesce a separarsi dalla madre, con cui vive, che non ha mai provato un orgasmo e non riesce a tenere una relazione di amicizia che sia una. In fondo sta abbastanza bene. Sono gli altri che stanno davvero male.
Forse la risposta più efficace, un tantino cinica magari, sarebbe: “E me li mandi questi altri”. Non l’ho mai data, ovviamente, come non ho mai contestato queste affermazioni: “Ma no, guardi che lei sta veramente male, ha una famiglia che non le dico, quell’incestuoso di suo padre, per non parlare del suo partner, lavoreremo a lungo sul disastro della sua vita”.
Probabilmente non ho mai dato una vera e propria risposta, diretta, perché è chiaro che il paziente fa queste affermazioni in un certo giro del trattamento, in un certo momento in cui, come si dice, fa resistenza.
Però una volta mi è capitato con un paziente che dopo aver parlato in lungo e in largo di un non rapporto con i genitori, quasi abbandonico e sicuramente anaffettivo, che aveva segnato decisamente la sua infanzia mi ha detto: “Ma comunque, via, ci sono genitori peggiori”.
Gli ho detto: “Ah sì? Non sapevo che avesse avuto altri genitori, me ne parli”.
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